Cimone di Santa Colomba

Una montagna tra le montagne, difficile da raggiungere e isolata quanto basta per renderla meta ambiziosa, quasi unica.
Il versante teramano del Gran Sasso è il pezzo di Appennino dove ogni escursionista ama perdersi e girovagare alla scoperta del territorio; tante le mete, tutte impegnative sia per le difficoltà alpinistiche che per l'orientamento e i dislivelli da superare. Il Cimone di Santa Colomba, infilato tra i fossi di Fossacieca e di Malopasso, due autentiche forre selvagge, per il suo isolamento è forse quella più ambiziosa e ambita.


Dopo il tentativo dello scorso anno con l’avvicinamento per il vallone dove scorre il fosso Malepasso abbiamo provato nuovamente a raggiungere il Cimone, questa volta transitando per Fossaceca con l’intento di migliorare le nostre conoscenze sulle possibili vie di accesso a questa cima isolata e più in generale per apprezzare le molte caratteristiche di questo versante del Gran Sasso dove le escursioni risultano sempre di grande interesse. Ci si avvia in corrispondenza della sterrata che sale alla Fonte del Peschio ed attraversa il fitto bosco di Pagliare; questa prima parte del cammino è molto piacevole e consente di guadagnare una quota discreta procedendo immersi in una faggeta integra e suggestiva sino ad uscirne già nei pressi del fontanile che si raggiunge con un traverso sospeso a mezza costa su di un ripido costone. Appena usciti dal bosco si ha subito un primo assaggio degli ambienti severi e maestosi che attraverseremo per il resto dell’escursione: di fronte compare infatti il profilo del Cimone che incombe con un imponente parete di rocce verticali che si innalzano dal fondo della forra di Fossaceca dove confluiscono numerose sorgenti che assieme ad altri tributari vanno a formare il torrente Ruzzo. Il suono dell’acqua che riecheggia da un lato all’altro della vallata è una nota caratteristica che accompagna in questo tratto di escursione che va dal fontanile sino al Colle di Malanotte: il sentiero esile ed esposto aggira infatti un ampio costone lambendo un susseguirsi di sorgenti che sono dovunque ai lati del cammino alimentando numerose cascatelle che precipitano lungo scivoli di liscia pietra. La sensazione che si ha è quella di una montagna colma d’acqua tanto da non poter essere trattenuta e scaturire da ogni più piccola fenditura. Giunti al Colle di Malanotte ci si può fermare un attimo per tracciare visivamente il prossimo tratto dell’escursione con l’obiettivo di andare ad intercettare la ripida rampa che si trova proprio alla base dell’imponente parete est del Cimone e che si risalirà per tutta la sua lunghezza. Dopo aver svalicato sul Colle di Malanotte il sentiero si abbassa ed in breve ci si trova nel mezzo del vallone: prima che la traccia compia un’ansa per portarsi sul lato opposto del fosso, in vista di un grande faggio isolato la si lascia e si scende per tracce direttamente nel fondo del vallone in corrispondenza dei resti di una briglia che seppure massiccia deve stata travolta dalla forza degli elementi. Si attraversa quindi il letto del corso d’acqua e ci si immette nel bosco che separa dalla base della parete del Cimone ormai molto vicina; mantenendo la direzione e districandosi nella vegetazione si raggiunge finalmente la base della rampa su cui si sale con facilità in un punto dove a terra una freccia di vernice sbiadita conferma che siamo sulla via giusta. Non rimane ora che risalire il lungo piano inclinato a ridosso della parete est del Cimone con un percorso che si sviluppa dapprima su ampie placche di pietra levigata e poi con passaggi all’interno di un canale di scolo che risulta comunque abbastanza agevole. La salita termina alla base di una parete che prima di essere affrontata merita un’attenta osservazione per tracciare mentalmente la linea di salita più appropriata: solo apparentemente un pò appoggiata, la progressione si è rivelata infatti ben più impegnativa del previsto per via della verticalità e di un terreno reso a tratti insidioso da roccia molto instabile (riguardo questo passaggio non abbiamo trovato prima dell’escursione informazioni dettagliate e quindi abbiamo improvvisato; da ricerche successive sembra che vi sia invece un passaggio decisamente meno impegnativo spostandosi più ad est rispetto alla via di salita diretta che abbiamo seguito). Superato questo tratto ci trova finalmente sull’ampia sella al cospetto dell’impervio impianto sommitale del Cimone dove una breve sosta è d’obbligo per apprezzare l’ambiente vasto e solenne in cui siamo immersi. Per guadagnare la vetta abbiamo aggirato l’ammasso roccioso portandoci sul versante che dà sul del Fosso Malepasso per andare ad intercettare un’esile traccia che risale per qualche cengia il fianco della parete occidentale della montagna: questo tratto richiede un pò di attenzione nella prima parte laddove si deve affrontare un breve traverso su piano fortemente inclinato aggirando qualche formazione rocciosa fino a portarsi sulla traccia dove il passo diviene invece molto più sicuro. In breve si giunge ad una piccola piazzola dove la traccia sembra terminare (formidabile l’affaccio a picco sul sottostante vallone del Malepasso) e di lì si piega verso monte per affrontare un’ultima ripida salita su prati e giungere alla sella che separa le due alture che compongono la vetta del Cimone. Il panorama che si gode dalla cima è senza dubbio tra i più avvincenti che si possono apprezzare su questo versante del Gran Sasso data la posizione di questa “montagna tra le montagne” che si erge tra i due vasti e profondi valloni di Malepasso e Fossaceca, proprio nel mezzo di un immenso anfiteatro costellato di cime e cimette. Per la via del ritorno la scelta è caduta sulla discesa più diretta verso l’eremo di Santa Colomba lungo il vasto e ripido piano inclinato che costituisce la dorsale del Cimone: si procede liberamente in spazi aperti, presi da formidabili panorami e da una certa soddisfazione nel trovarsi a camminare sulla schiena di quel gigantesco “lucertolone” tante volte osservato percorrendo l’autostrada. Buona parte della discesa avviene su ripide praterie fino a giungere al limitare del bosco dove conviene portarsi proprio sulla verticale dell’eremo che sebbene sia ancora molto più in basso risulta ben visibile; una volta entrati nella macchia si scende a vista mantenendosi sulla dorsale inizialmente non molto marcata ma che via via diviene un crinale più evidente, fino a sbucare all’aperto proprio di fronte alla croce di legno nei pressi della piccola chiesetta. Di qui si prende il comodo sentiero che con numerose svolte si abbassa verso la bella località di Piana del Fiume e poi, poco prima giungere nei pressi del pianoro dove scorre il corso d’acqua, sulla destra si imbocca un’ampia mulattiera in corrispondenza di una cappella votiva e la si segue fino alla brecciata nei pressi della strada asfaltata percorsa al mattino, proprio in corrispondenza del ponticello sul rumoroso torrente Ruzzo tra le cui cascatelle vale la pena attardarsi un pò. A seguire ancora un chilometro e mezzo in leggera salita sulla carrozzabile e si rientra al punto di partenza chiudendo così un’escursione che senza dubbio si conferma essere da 10 e lode!!